Cara ansia,
Voglio ringraziarti, dal profondo del cuore. Sì, perché, inutile negarlo, hai una funzione fondamentale per tutti noi, che è quella di metterci in allerta rispetto ai pericoli che ci circondano. E davvero ci riesci bene…ma non credi a volte di esagerare? Sì, lo so, tu lo fai per me, lo fai perché non vuoi che mi succeda qualcosa, ma ultimamente la tua presenza mi sta un po’ …angosciando! Dovresti prenderti un periodo di ferie mia cara amica: è vero che sono anni che oramai viviamo a braccetto, che mi segui dappertutto, però proprio per questo vorrei provare a stare per un periodo senza di te. Dirai che sono un incosciente, che senza di te non saprei riconoscere i momenti buoni da quelli meno buoni, i posti giusti da quelli sbagliati…ebbene sì, mia cara ansia, per un po’ vorrei essere incosciente. Perché talvolta la tua presenza mi rende la vita impossibile: sei bravissima a rendere complesso ciò che è facile; sei bravissima a creare aspettative distorte in situazioni tranquillissime; sei bravissima mia cara ansia a rendere qualsiasi mio impegno una vera e propria montagna da scalare. Ed io sono stanco di tutto ciò: e lo è anche il mio corpo, che nelle situazioni emotivamente più “forti” deve subire le tue torture; e lo è anche la mia mente, che a causa tua è capace di immaginare solo cose negative e non è più libera di “sognare ad occhi aperti”.
Ansia mia, dobbiamo trovare una soluzione! Mettiamoci d’accordo, non lo so: io non dico che voglio rinunciare a te per sempre, diventerei poi fin troppo amico di quella brutta bestia dell’apatia (non essere gelosa…ho detto che è brutta!), ma almeno cerchiamo di vederci un po’ di meno, passiamo dall’essere compagni di vita a buoni amici che si incontrano solo quando hanno davvero bisogno l’uno dell’altro. Anche perché avendoti sempre qui accanto a me, non sei più realmente capace di avvisarmi quando c’è un pericolo vero…rendi tutto un pericolo! Vediamoci di meno, ansia mia: io starò meglio, molto meglio, e tu riprenderesti la tua vera funzione, e senza dubbio la svolgerai al meglio.
Mia cara ansia, ora vado. Con la speranza di non vederci per un po’. Anche se so già che ti ritroverò tra poco dietro il primo angolo…
Eccessi di Ansia: approfondiamo
Ora che le ho scritto, posso parlare dell’ansia in modo più approfondito. Innanzitutto è secondo me necessario fare chiarezza sui termini, dato che molto spesso diamo ai nostri “mostri” dei nomi che non li rispecchiano a pieno. Sono tantissime le persone che sostengono di soffrire d’ansia, ma a mio modo di vedere molti scambiano l’ansia con lo stress o con il panico. Lo stress è la risposta funzionale con cui l’organismo reagisce a uno stimolo più o meno violento (stressor) di qualsiasi natura, proveniente dall’esterno. Il panico, invece, è solo una conseguenza dell’ansia: detto in parole povero è uno stato momentaneo, in cui ci ritroviamo nel momento in cui la paura ha preso il sopravvento.
L’ansia è qualcosa di diverso: nelle sue forse patologiche o semi patologiche, l’ansia è uno stato continuo di apprensione e di agitazione, dovuto a timore, insicurezza, attesa di qualcosa. È necessario dunque non fare confusione: lo stress ci colpisce nei momenti troppo pieni della nostra vita, il panico è un eccesso, anch’esso momentaneo, che per fortuna pochi di noi hanno provato nella loro vita. L’ansia, invece, è uno stato continuo. Se dovessi scegliere delle immagini per rappresentare l’ansia, ne sceglierei due: da un lato, nelle sue forme più acute l’ansia è una gabbia, che ci tiene prigionieri, dall’altro raffigurerei l’ansia come un peso sulle spalle, che limita i nostri movimenti, che ci fa provare fatica anche nelle situazioni più rilassanti.
Il fenomeno dell’ansia è un fenomeno preoccupante. Innanzitutto perché a soffrirne nella sua forma eccessiva sono oramai milioni di persone, tra cui moltissimi giovani, al punto tale da parlare oramai di una vera e propria epidemia. Ciò è dovuto secondo me ad un fattore ben preciso: come scrive il filosofo Galimberti nel suo capolavoro “L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani”, si è passati da un decennio e più a questa parte da un’immagine del futuro visto come speranza, ad un futuro immaginato come totalmente incerto. E se il filosofo sostiene giustamente che questo ha portato all’apatia, e dunque al nichilismo e alla distruzione di sé, molti giovani e giovanissimi, a mio avviso questa stessa incertezza ha fatto cadere e fa cadere ogni giorno milioni di persone nell’ansia. In più, restringendo un po’ il campo di questa analisi, certamente per noi che viviamo in questi posti, dove la sicurezza è un’utopia, siamo le i candidati ideali a cadere negli eccessi degli stati di ansia: quando sei costretto tutti i giorni a guardarti intorno e a schivare i pericoli, è fin troppo facile cadere in trappola.
Voglio chiudere con un pensiero. Il vero problema secondo me è che l’ansia ti mette ai margini di te stesso: se vivi sotto i colpi continui dell’ansia non dai mai quello che potresti davvero, ti trasformi nella brutta copia di te stesso. Ed è per questo che il fenomeno è preoccupante e allarmante. Non è facile, ma è necessario provare a combattere la propria ansia quotidianamente, per non diventare definitivamente degli ostaggi nelle sue mani.
E magari (non sto scherzando) si può combattere la nostra amica ansia scrivendogli una lettera, proprio come ho fatto io.
L’articolo risale al 2016. Nel corso di questi 10 anni il mio rapporto con l’ansia ha subito frenate e riavvicinamenti continui. E si sono affacciati nuovi modi di percepirla e guardarla. Uno su tutti: e se l’ansia fosse un messaggero che ci vuole dire qualcosa? Se volesse segnalarci che siamo su una strada non adeguata al nostro Sé? E se dunque l’ansia non fosse quel nemico da combattere, ma una presenza da accogliere? A breve un articolo di approfondimento sul tema.